Al fine di sostenere le piccole aziende (fino a 5 mln € di ricavi o compensi) l’art. 25 del cd. DL Rilancio ha istituito un contributo a fondo perduto di portata variabile in funzione del calo di attività e della dimensione aziendale.
Si veda a tal proposito l’articolo completo al seguente link: https://www.assistconsulting.it/dl-rilancio-contributi-a-fondo-perduto-per-imprese-e-lavoratori-autonomi/
La norma appare però criticabile e di difficile applicazione in quanto nella sua ultima formulazione risulta essere confusa e può indurre all’errore il contribuente.
I beneficiari sono infatti individuati in base ai ricavi del 2019, mentre il contributo spetta a condizione che vi sia stato nel mese di aprile 2020 un calo di fatturato e corrispettivi nella misura di almeno il 33,33 % (un terzo) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (aprile 2019).
Tralasciando l’utilità di considerare il solo mese di aprile (quando gli effetti delle restrizioni si sono avvertiti in modo imponente anche a marzo), il problema deriva dal fatto che “fatturato” e “corrispettivi” non hanno una definizione precisa nelle norme tributarie. Stando all’interpretazione della circolare 9 E del 2020 il calcolo và fatto prendendo come riferimento le operazioni eseguite nei mesi di aprile e fatturate e certificate.
Queste devono quindi aver contribuito alla liquidazione periodica di aprile 2019 (confrontate con aprile 2020), considerando anche gli eventuali corrispettivi relativi alle operazioni effettuate in questi mesi non rilevanti ai fini iva.
Nel DL viene inoltre specificato che và considerata la data “di effettuazione dell’operazione” che per le fatture immediate ed i corrispettivi è semplicemente la data della fattura/del corrispettivo, mentre nel caso di fattura differita è la data di cessione dei beni (D.d.t. o di documenti equipollenti).
Si pone un problema di disallineamento invece quando si ha a che fare con le fatture di servizi in quanto ai fini IVA il momento di effettuazione dell‘operazione, è stabilito dal contenuto del comma 3 dell‘articolo 6, D.P.R. 633/1972 il quale prevede che “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo.
Il rischio è quindi quello di dover considerare come nella nozione di “fatturato” ai sensi della norma in discussione, anche fatture per servizi prestati ed ultimati nei mesi precedenti (o addirittura nel 2019) per il semplice fatto che le stesse sono state emesse ad aprile 2020 a seguito dell’avvenuto incasso del corrispettivo (in molti casi anticipate da note proforma o da preventivi).
In questo modo si creerebbe un iniquo trattamento nei confronti di quei soggetti che erogano prevalentemente servizi che pur colpiti dalla crisi potrebbero non riuscire a soddisfare il requisito per vedersi riconosciuto il contributo, oppure vederselo liquidato in misura inferiore o superiore rispetto all’effettiva perdita di redditività se paragonata a quella di un soggetto a prevalente cessione di beni.